lunedì 22 aprile 2013

Gnocchi ripieni




Gli gnocchi ripieni di carne, sono una delle prime ricette che Carlo Cracco ha visto cucinare al ristorante, agli inizi della sua carriera. Così racconta lo chef:"...Però, visto che le palline dovevano essere farcite, e tenere all'interno la carne, ci mettevamo un sacco di farina. Alla fine era gnucco non gnocco... "! Successivamente Cracco imparò a preparare i "Cjalsòns", specialità tipica friulana, preparata con un impasto più o meno da gnocchi. A Firenze, insieme allo chef Andrea Berton, avevano rivisitato questo piatto, abbinandolo ai calamaretti, che risultò essere il più richiesto tra quelli presenti nel menù.
 
Io ho sempre amato gli gnocchi di patate, li rubavo senza pudore dal vassoio su cui venivano riposti da mia mamma, e me li mangiavo crudi, anzi, li mangiavamo crudi, visto che avevo ben due complici: le mie sorelle... Così, appena ho letto la ricetta nell'indice del libro, non ci ho pensato due volte e ho deciso di provarla. La ricetta fa parte del II livello.
 
Gnocchi ripieni
 da Se Vuoi fare il Figo usa lo Scalogno di Carlo Cracco
Ingredienti per 4 persone
(tra parentesi e/o in corsivo e le mie note)
 
Per gli gnocchi:
500 g di patate (per me di montagna e vecchie)
110 g di farina
80 g di grana grattugiato
2 tuorli grandi o 3 se sono piccoli
sale e pepe bianco

Per il ripieno:
500 g di ricotta
3 g di polvere di curcuma oppure fresca grattugiata
sale

Preparazione e cottura: 1 ora e mezzaAttenzione: Cracco consiglia di utilizzare le patate di montagna, perché sono le migliori per la preparazione degli gnocchi. Sono molto asciutte, con pochissimo amido, ma sono difficili da trovare. Quelle che si comprano di solito, sono fresche, hanno tanto amido, e poche volte sono eccezionali. Se potete, chiedete sempre patate vecchie o patate di montagna.
Se volete premettervi un lusso, visto che il piatto è abbastanza povero, potete usare le patate ratte, che sono piccoline, molto buone e mature, ma costano il doppio di quelle normali. Sono patate di varietà francese, molto utilizzate nei ristoranti, perché sono considerate le "Rolls-Royce" delle patate. Io mi sono concessa il "lusso" della patate di montagna della Valtellina.In una bastardella, mescolate la ricotta, la curcuma e regolate di sale e pepe. Preparate l'impasto per gli gnocchi*, tagliatene un pezzo e stendetelo con il matterello per formare un rettangolo stretto e lungo (di che spessore, chef?  io vi consiglio 3-4 mm; non è un impasto che si può stendere molto sottile, data la sua consistenza. Infarinate bene il piano su cui stenderete l'impasto o vi si attaccherà...). Con un coppapasta (diametro...? io ne ho utilizzato uno di 8 cm), ritagliate dei cerchi dentro i quali mettere il ripieno utilizzando una tasca da pasticcere (quale bocchetta? per me una liscia da 10 mm). Richiudete gli gnocchi formando delle mezzelune, e con i mignoli premete leggermente sui bordi, per sigillare. Cuocete in abbondante  acqua salata per 2 minuti, o comunque il tempo necessario perché gli gnocchi salgano a galla (altro consiglio utile per chi è alle prime armi con questo impasto. Prima di procedere a formare gli gnocchi, formate una pallina e cuocetela in acqua bollente salata. Se non si spappola, risale a galla integra, e la consistenza è morbida ma non molle, va bene. Se è dura, avete esagerato con la farina... Per prelevare gli gnocchi dopo la cottura, utilizzate uno scolagnocchi o una schiumarola, non lo scolapasta, altrimenti rischiate che si attacchino tra loro e si schiaccino )
In una padella sciogliete il burro, aggiungere gli spinaci, i pinoli tostati e l'uvetta. Aggiustate di sale e passate gli gnocchi in padella, a fuoco spento, amalgamando eventualmente con l'acqua di cottura (poca, qualche cucchiaio), se volete un sughetto più morbido, e servite. Oppure potete passare in padella gli gnocchi da soli (con una noce di burro), per poi adagiarli sul piatto dove avrete già disposto spinaci e pinoli.
Mancano completamente le dosi per il condimento!!! Quelle che ho utilizzato io sono queste: una noce di burro, circa 300 g di spinacini freschi (ben lavati e messi in padella solo con l'acqua che rimane dall'ultimo risciacquo, il burro lo aggiungo appena appassiscono), una manciata di pinoli tostati in un padellino e una manciata d'uvetta, ma regolatevi secondo il vostro gusto.

*Per la preparazione degli gnocchi è prevista una lezione a parte.
Lezione n° 27 "Gli gnocchi di patate"
Fate bollire l'acqua, mettete dentro 500 g di patate intere con la buccia, aggiungete un po' di sale e fate cuocere. Sono pronte non quando si disfano, ma quando la punta di un coltello entra bene. Pelatele ancora calde, se riuscite, eventualmente aiutatevi con un panno o un pezzo di carta. Togliete anche tutti gli occhietti neri che sono presenti sulla superficie, o ve li troverete nell'impasto. Schiacciate le patate con lo schiacciapatate, unite 110 g di farina 80 g di grana grattugiato e 3 tuorli. Impastate il tutto e cercate di non far assorbire subito tutta la farina. Le vostre mani devono essere leggere, con un movimento che più che impastare, accompagna. In questo modo l'impasto assorbirà molta meno farina di quella che, invece, richiederebbe la patata. Un segreto per non perdere (!?!) subito tutta la farina, è quello di metterne la metà a fontana, e l'altra metà tenerla da parte. Aggiungete la farina poco alla volta, così non rischiate di doverne aggiungere ancora (non bisogna lavorare troppo il composto perché, più lo lavorerete, più farina vi chiederà. Le patate vecchie assorbono meno farina di quelle nuove). Se gli gnocchi contengono troppa farina, non cuociono mai e non sono buoni. Dividete l'impasto in filoni, tagliate gli gnocchi della misura desiderata e poi passateli, uno alla volta, sul dorso (dei rebbi) di una forchetta, premendo leggermente in modo da imprimere le classiche scanalature. Potete cuocerli freschi, oppure congelarli su dei vassoi infarinati, distanziati tra loro, quindi riporli nei sacchetti appositi, scrivendoci sopra la data di congelamento.

Note personali
La ricetta riesce ed è buona, ma lo chef si "dimentica" dei pezzi per strada... come vedete dalle note che ho messo tra parentesi. Possono sembrare dettagli, ma per chi è alle prime armi non è così. Ad esempio, ricordo ancora una delle prime volte che mi misi ai fornelli, per preparare le chiacchiere... Nella ricetta non c'era scritto di mettere un po' di farina sul piano prima di stendere l'impasto, mi si attaccò tutto...
Mancano totalmente le dosi per il condimento !?! Ma come si fa a non metterle !?!
Nella foto del libro, gli gnocchi sono molto più gialli, che Cracco ci abbia messo più tuorli?
Altro appunto che mi sento di fare, è al titolo della ricetta, perché questi, più che gnocchi , che sono caratterizzati soprattutto dalla forma rotondeggiante, sembrano dei ravioli di patate. Probabilmente, chiamarli gnocchi, è stata una "licenza poetica" dello chef...

mercoledì 17 aprile 2013

Gougère di Michel Roux

Sullo splendido libro del Maestro Michel Roux, "Uova", ho trovato la ricetta di questi deliziosi bignè salati, perfetti per l'aperitivo o come antipasto (farciti). La ricetta l'avevo adocchiata tempo fa, quando questo libro è stato protagonista dello Starbooks... 
Queste Gougère sono un prezioso jolly in caso di cene improvvisate... I vostri ospiti ve ne chiederanno ancora e ancora...



Ingredienti per 40-50 gougère (per me quasi 60)

per la pasta choux

125 ml di latte
100 g di burro, tagliato a dadini
½ cucchiaino di sale (fino)
1 cucchiaino di zucchero
150 g di farina (bianca 00)
4 uova medie*
1 uovo sbattuto con un cucchiaio di latte

Per aromatizzare

100 g di Gruyère o Comtè, grattugiato
un pizzico di pepe di Cayenna
pochissima noce moscata, grattugiata al momento
un poco di paprika dolce (facoltativa, io l'ho messa)


* potrebbe non essere necessario usare tutte e 4 le uova, se queste sono grandi. Se il composto, dopo aver unito il terzo uovo, sarà già abbastanza fluido (guardate la foto sotto), fermatevi!

Scaldare il forno a 200°C. Preparare la pasta choux, mettendo latte, burro, sale e zucchero in una casseruola (io ne uso una di 18-20 cm di diametro ) su fuoco basso. Portare ad ebollizione e togliere subito dal fuoco. Unire la farina al composto, versandola a pioggia, e mescolando con energia e con un cucchiaio di legno, finché il composto sarà liscio. Rimettere la pentola sul fuoco e cuocere ancora per 1 minuto, mescolando continuamente, per far asciugare l'impasto, poi trasferirlo in una ciotola capiente. Far intiepidire poi unire le uova, una alla volta, incorporando bene ogni uovo prima di unire il successivo. Dopo aver incorporato l'ultimo uovo, il composto dovrebbe essere liscio. Unire ¾ del formaggio, il pepe di Cayenna e la noce moscata, facendo attenzione a non lavorare troppo il composto.
Inumidire leggermente una placca da forno con poca acqua, e farvi aderire un foglio di carta forno. Con una sac a poche, usando una bocchetta liscia da 10 mm, spremere la pasta choux sulla placca. Spennellare con l'uovo sbattuto con il latte, e segnare leggermente la superficie con il dorso di una forchetta. Cospargere con il resto del formaggio.




Infornare per 15-20 minuti, finché le gougère sono asciutte e croccanti esternamente, ma ancora morbide internamente. Cuocere anche le altre gougère. Trasferirle su una gratella e servirle calde, volendo spolverizzate con la paprika dolce.



Roux spiega che queste mini-gougère, solitamente, vengono offerte al termine delle degustazioni di vini nelle cantine della Borgogna. Sono ottime come stuzzichino o come antipasto caldo, farcite con salsa Mornay (besciamella arricchita con uova e formaggio). Io vi garantisco che, se le servirete (anche vuote) durante un aperitivo, andranno a ruba!!! Per me, sono perfette anche per essere farcite, oltre che con la salsa Mornay, come scrive Roux, anche con una crema di verdure leggera.
Si possono congelare (vuote) su un vassoio, ben distanziate. Vanno poi riposte in un sacchetto  adatto al freezer. Per servirle, riscaldarle per pochi minuti in forno a  180-190°C. Perfette! 

mercoledì 10 aprile 2013

Filetto al pepe verde




Cracco introduce la ricetta ricordando il periodo in cui lavorava al ristorante "Da Remo", dove veniva preparata una ricetta che lo colpì molto, per il tipo di cottura. Non era come per la maggior parte delle carni, che venivano cotte alla griglia o arrosto. In questa ricetta, la carne aveva bisogno di una finitura aggiuntiva. La ricetta è il "Filetto al pepe verde". L'aroma fortissimo del pepe verde (in salamoia) veniva ammazzato dall'uso della panna. Invece, la ricetta che propone lui, è senza grassi intorno (così dice, ma in realtà vedrete che non è esattamente così).


(le mie note tra parentesi)

Filetto al pepe verde
da Se Vuoi fare il figo usaa lo Scalogno di Carlo Cracco
 
 
Ingredienti per 4 persone
 
400 g di filetto di vitello pulito
150 g di burro
4 spicchi d'aglio
olio evo (extravergine d'oliva)
sale (fino)
pepe verde fresco in grani* (io ho utilizzato quello in salamoia, ben risciacquato, non avendo a disposizione quello fresco)

*Ho dovuto cercare informazioni sul pepe verde fresco perché, nella ricetta, la spiegazione non è chiara ed è incompleta. Io non avrei saputo come riconoscerlo e dove trovarlo. Qui  potete vedere un'immagine del pepe verde fresco, mentre qui  trovate una spiegazione più chiara. Questa spezia si presenta sotto forma di grappoli, ha un aroma più volatile rispetto a quello secco, e si conserva in freezer. Si sposa benissimo ai curry ed ai soffritti, e si può trovare nei negozi di gastronomia asiatica. 

Preparazione e cottura: 20 minuti
Nota dello chef:  lui usa il pepe verde fresco*, scrivendo che, probabilmente, chi legge non lo ha mai visto, ma che cercandolo si trova. Il sapore delle spezie fresche è incredibile. Quelle che si trovano di solito in commercio, sono quelle secche e sono vecchie. Vengono tenute sugli scaffali per anni, alla luce, con l'umidità, etc.. In questo modo, le spezie deperiscono e perdono tutte le loro proprietà più fini ed eleganti, e restano solo il pizzico e l'odore.

In alternativa al filetto, si possono usare la lombata di vitello o lo scamone. L'importante è che la carne sia tenera e tagliata controvena (il taglio controvena permette di ottenere una carne tenerissima, qui  è spiegato chiaramente).

Legare la carne con un doppio giro di spago, così le fette avranno una forma gradevole (io ho strofinato la carne con un po' di sale prima di cuocerla, nella ricetta questo passaggio non c'è). Rosolarla in una piccola pentola, possibilmente una casseruola, meglio ancora se di ghisa, con il burro, un cucchiaino d'olio, il pepe e l'aglio camicia, cioè gli spicchi separati ma non sbucciati, che andranno tolti a metà cottura (altrimenti bruciano). Cuocere bene il filetto, per azionare la "reazione di Maillard"**, girarlo per fargli prendere colore su tutti i lati, e proseguire la cottura, a fiamma dolce, per 12 minuti. Fare attenzione in modo da non far bruciare il pepe e la padella, altrimenti vuol dire che avrete sbagliato qualcosaTogliere il filetto dalla casseruola e lasciarlo riposare per 5 minuti (meglio se avvolto nell'alluminio per mantenerlo al caldo. Con la cottura a temperatura elevata, i succhi della carne si concentrano verso il centro; il riposo permette che i succhi si ridistribuiscano in modo uniforme, con un risultato organolettico migliore, ed un risultato migliore al taglio). Nel frattempo, scolare la maggior parte del burro e togliere il pepe, che va rimesso sulla carne alla fine. Versare mezzo bicchiere d'acqua e sciogliere il fondo della pentola (tranquilli non dovrete fondere la pentola... ma il fondo di cottura che si sarà formato). Quando il "fondo" della pentola si sarà staccato, farlo bollire per tre minuti, fino ad ottenere la consistenza di un sugo legato (senza "leganti" tipo roux, il mio sugo non si è "legato", come si vede nella foto). Volendo esagerare, si può filtrare con il colino (io ho esagerato). Il filetto si può rimettere in forno (ma in forno non ci è mai andato...  e soprattutto... a che temperatura? Io lo metterei a 80-90°C, non di più, altrimenti la carne cuocerà ancora), per portarlo ad una temperatura più alta e servirlo con il suo pepe e basta, oppure con una purea di patate bella dolce, ricca e setosa. Mettere la purea sul fondo del piatto, posizionarci sopra il filetto con il pepe, e con tutta la salsa che cola: un piatto fantastico.
** Lezione n°6. La reazione di Maillard fa sì che, attraverso la rosolatura e quindi grazie alla temperatura molto elevata e a un grasso, olio o burro, le fibre della carne si saldino, trasformando gli zuccheri, che così si caramellizzano, facendo assumere alla carne un bel colorito. I succhi della carne restano sigillati al suo interno mantenendola tenera. Un arrosto viene bene solo se si è scatenata questa reazione. Il procedimento per riuscirci non è difficile: mettete la carne su una padella calda con burro oppure olio a fuoco vivace e giratela con delicatezza (senza bucarla!) su tutti i lati, lasciando che la reazione di Maillard faccia il suo corso. Dopodiché proseguite secondo il grado di cottura che desiderate.
 
La questione della reazione di Maillard è controversa, sembra che più che sigillare i succhi della carne al suo interno, agisca sul sapore, che sicuramente ci guadagna da questo procedimento. Ne hanno parlato anche qui.
 
Note personali
La ricetta è spiegata in modo approssimativo; da una "lezione" per imparare a cucinare, pretendo il maggior numero possibile di dettagli, e chiarezza espositiva, che qui sono presenti solo in parte.
Nella premessa alla ricetta, lo chef scrive che il suo piatto non prevede "grassi intorno", peccato che poi consigli di versare la salsa al burro sopra al filetto al momento di servirlo, e il burro è un grasso. Inoltre, utilizza una quantità di burro esagerata: 150 g sono davvero tanti per un pezzo di carne del peso di 400 g, la carne praticamente frigge! Il burro utilizzato non è chiarificato (come per la cotoletta alla milanese, ad esempio), e con la cottura prevista, è facile che bruci... 
Tra gli ingredienti è previsto il sale, ma nel procedimento il sale sparisce! 
Mancano gli approfondimenti necessari: 
- spiegazione chiara sul pepe verde fresco;
- spiegazione sulla necessità di tagliare la carne controvena
Insomma, se non avessi un po' di confidenza con la cucina, e se fossi alle prime armi, credo che mi sarei trovata in difficoltà nell'eseguire la ricetta così come è stata scritta... E mi sarei pure arrabbiata per i soldi spesi....

lunedì 8 aprile 2013

"Biancomangiare allo yogurt con ragù di fragole all'aceto balsamico" (di Eugenia) e una sorpresa!!!


Dal blog La Belle Auberge della bravissima Eugenia, che è stata anche la mia prima sostenitrice quando aprii il blog tre anni fa, ho preso la ricetta che vi propongo oggi: il “Biancomangiare”, trovata tra i suoi consigli delle ricette per il menù di Pasqua. 
Ho scoperto che il Biancomangiare non è solo quello con il latte di mandorle, anzi, il termine è da riferirsi al colore della preparazione, tanto che esistono anche varianti salate. Qui trovate la storia di questa ricetta che risale al Medioevo... 
Il Biancomangiare è’ un dolce al cucchiaio semplice, leggero e con una consistenza meravigliosa… E’ anche veloce da preparare, ma soprattutto è delizioso!
Ho apportato due piccole varianti, la prima è la qualità dello yogurt, perché in casa avevo solo quello greco, che è denso, così l’ho “allungato” con del latte. La seconda è il fruttosio, che ho utilizzato in sostituzione dello zucchero, per permettere ad un diabetico di mangiare il dolce…
La salsa di accompagnamento può essere sostituita con altra frutta di stagione e, perché no, anche con salsa al caramello (magari salato), salsa al cioccolato, etc.
Con le ricette di Eugenia andate sul sicuro: sono sempre affidabili, cosa non scontata tra i vari blog di cucina…
 e anche nei libri...!!!

Da oggi troverete una bellissima sullo sorpresa relativa allo Starbooks cliccando qui!!!




Ingredienti per 8 stampini (tipo cuki)



150 g di latte fresco intero

80 g di fruttosio (o 125 g di zucchero semolato)
1/2 bacca di vaniglia
300 g di yogurt intero a temperatura ambiente + 50 g di latte intero, ben mescolati (oppure 350 di yogurt
250 g di panna fresca
4 fogli e 1/4 di gelatina Paneangeli

Mettere la gelatina in un piatto fondo riempito con acqua fredda, per almeno 10 minuti. Portare a bollore il latte con il fruttosio e la vaniglia (da cui avrete ricavato anche i semini, raschiando il baccello tagliato a metà longitudinalmente). Togliere il latte dal fuoco ed unire la gelatina ben strizzata. Stemperare accuratamente, filtrare e portare a temperatura ambiente, mescolando ogni tanto. Unire, poco alla volta, lo yogurt al latte, usando una frusta e mescolando con cura. Montare la panna non troppo soda. Versare, poco alla volta, il miscuglio latte + yogurt dentro la panna, mescolando delicatamente con la frusta. Distribuire in 8 stampini e far rassodare in frigo per qualche ora. Al momento del servizio, capovolgere ogni stampino su un piatto da dessert e contornare con il ragù di fragole ben freddo. Io ho utilizzato degli stampini in silicone, e ho dovuto immergere la parte inferiore per 30 secondi in acqua bollente, per poterli sformare senza romperli, con quelli tipo cuki non avrete problemi.
Per il ragù di fragole
500 g  di fragole
un cucchiaio di succo di limone
2 cucchiai di fruttosio (o 2-3 di zucchero di canna)
aceto balsamico q.b. (un cucchiaio circa)

Lavare le fragole, tagliarle a dadini, irrorarle con il succo del limone, cospargerle con 2 cucchiai di fruttosio e lasciarle macerare per un quarto d'ora. Versare le fragole in una larga padella (antiaderente) e farle cuocere un paio di minuti, sfumando alla fine con poco ma buono aceto balsamico (è fondamentale che sia buono!). Lasciar restringere brevemente la salsa. Servire a temperatura ambiente (io ho servito la salsa fredda).
Io vi consiglio di regolarvi con il succo di limone. Se le vostre fragole non sono molto dolci, mettetene meno, altrimenti risulteranno troppo acidule.

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...